Qual è la più grave forma di razzismo perpetrata dall’uomo?

Se lo chiedete a una persona di colore, egli vi dirà probabilmente il razzismo consumato nei confronti della sua gente. Lo stesso se lo chiedete a un nativo americano, a un ebreo e a qualsivoglia minoranza etnica perseguitata negli ultimi 1000 anni. Affermeranno con ogni probabilità la risposta precedente applicata per i loro singoli casi.

Ma, se lo chiedete a delle donne, solo poche vi risponderanno che è la misoginia la forma di razzismo più grave.

E secondo me, quelle poche donne hanno ragione.

Prendetevi un attimo per pensarci.

Da quando i primi esemplari di homo sapiens hanno messo piede sulla Terra, la società ha sempre perseguitato le donne imponendo loro dei veti e dei limiti attraverso una società patriarcale, facendole sentire inferiori al genere maschile.

Un esempio?

Atene. Una delle civiltà democratiche più antiche, dove il popolo eseguiva una formula di democrazia diretta tra pari. Ecco, è proprio questo il problema.

Le donne ad Atene erano escluse dalla vita politica e relegate alla vita privata e domestica poiché gli uomini della polis non le consideravano come loro pari. (Anche se paradossalmente a protezione della polis stessa tradizionalmente i greci credevano ci fosse una dea femminile, Atene).

In generale la misoginia ha continuato ad esistere nel corso della storia in quasi tutte le civiltà umane, subendo un ridimensionamento a partire del XX secolo grazie all’emancipazione femminile.

Ciò di cui vorrei parlarvi oggi è la storia di Grace Marks, una ragazza irlandese emigrata in Canada, nata nel 1827 ed imprigionata nel 1843 per colpa di un errore giudiziario causato dal maschilismo di quell’epoca.

Vi porto la sua storia poiché esprime un punto di vista particolare, ovvero il continuo perpetrarsi della misoginia anche in un epoca ed in un luogo, il continente americano, dove la parità dei diritti in teoria si affermò negli USA nel 1789 con l’entrata in vigore della Costituzione.

La giovane ragazza emigrò molto giovane da Ulster (Irlanda) in Canada, dove visse per un periodo con il padre per poi prendere lavoro come domestica. Già in questo periodo di giovinezza Grace subì svariati traumi, come la morte della madre durante il viaggio verso il continente americano e i continui abusi compiuti da suo padre, alcolizzato, nei suoi confronti.

All’età di circa 14 anni cambiò padrone e servì Thomas Kinnear, il proprietario di una fattoria che abusava sessualmente le sue domestiche. In particolar modo Kinnear aveva una relazione con Nancy Montgomery, la governante della casa. Alcune fonti narrano anche di come Kinnear abbia abusato di Grace.

La storia di Grace continua raccontando il come Kinnear e sua moglie Montgomery furono assassinati da James McDermott (un servitore della coppia) e da Grace, anche se la sua posizione rimase insolita.

Ella infatti dichiarò si di aver aiutato McDermott a eliminare la coppia, ma di avergli dovuto offrire il suo aiuto poiché minacciata di morte da James stesso.

Per questo motivo Grace, una volta individuata e portata a processo insieme a McDermott, non fu condannata a morte come quest’ultimo ma le fu concesso l’ergastolo.

Ai miei occhi tale condanna risulta ugualmente ingiusta. Grace fu obbligata da James ad aiutarlo negli omicidi, altrimenti sarebbe morta, vittima di quest’ultimo.

Ciò non rappresenta forse un giusto motivo per non condannarla? Oggi probabilmente sì m all’epoca le donne erano sempre viste e trattate attraverso una spessa lente di maschilismo e misoginia. Per questo Grace venne condannata lo stesso.

Grace infine venne graziata e di conseguenza liberata nel 1872, dopo ben 29 anni di detenzione ingiustificata.

Di lei dopo il 1872 non si seppe più nulla, una volta liberata fece perdere le sue tracce e non sappiamo se la sua vita, dopo le numerose tragedie da lei subite, sia migliorata o meno.

Quello che emerge da questa storia è un caso lampante di come le donne, in questo caso Grace, nel corso della storia abbiano dovuto subire le peggiori sofferenze e le violenze di uomini crudeli, senza la possibilità di essere tutelate da una giustizia che rispecchiava il maschilismo dell’epoca.

Certo, l’esperienza di Grace Marks potrà essere considerata al limite della realtà dato le fonti incerte, ma rappresenta fedelmente le violenze e i soprusi subiti dalle donne nel XIX secolo e più in generale nel passato.

In particolar modo vorrei concludere narrando la storia di Mary Whitney, un’amica di Grace da cui ella prese il nome per identificarsi durante il suo arresto.

Whitney era una ragazza che Grace conobbe quando lavorò per la sua prima padrona.

Le due diventarono migliori amiche fino a quando Mary non furesa incinta ed in seguito ripudiata dal figlio della sua padrona.

Per non farsi scoprire e perdere il posto di lavoro eseguì un aborto (che all’epoca era illegale e compiuto da pochi medici in segreto) ma morì per complicanze derivate da esso.

Dalla storia di Mary Whitney emerge una condizione di comune sofferenza per le donne dell’epoca, in particolare per tutte quelle donne che appartenevano alle classi sociali più povere: l’essere utilizzata a livello fisico per poi essere abbandonata dal padre del bambino.

In queste situazioni l’aborto rappresentava l’unica soluzione per continuare a vivere e lavorare, ma esso paradossalmente era considerato dai signori dell’alta società, quegli stessi signori che abusavano delle donne, come un atto diabolico e immorale.

Se la storia di Grace Marks vi ha preso, vi consiglio la visione della serie su  Netflix “L’altra Grace” basata sull’omonimo libro di Margaret Atwood che racconta, in modo leggermente romanzato, la sua storia.

Scritto da:

Simone Campisi

Rappresentante di Istituto, appassionato di informatica, tecnologia, politica, attualità, storia e palestra.

Odia profondamente tutti quelli che mangiano la pizza con coltello e forchetta.