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La violenza non è mai giustificata, soprattutto per promuovere quelle iniziative politiche che dovrebbero essere inclusive e detentrici di pace e diritti per natura.

Lo stesso vale per quei casi in cui si protesta per la propria situazione economica e sociale: credo sia necessario infatti riuscire a portare avanti la propria ribellione attraverso azioni pacifiche.

Soprattutto perché, quando si va ad utilizzare la violenza per far valere un proprio pensiero nei confronti di un potere maggiore che opprime, esso perde di quella giustizia che aveva all’inizio e raggiunge il livello di oppressione del potere oppressore.

Per questo credo che la resistenza non violenta sia l’unico modo per cui degli attivisti possano far valere le loro ragioni senza passare alla parte del torto.

Un esempio di tutto ciò fu la resistenza non violenta e la disobbedienza civile utilizzata da Gandhi e i suoi seguaci per portare negli anni ’40 del XX secolo l’India all’indipendenza dal Regno Unito.

Gandhi infatti, insieme all’enorme quantità di persone che lo sostenevano, praticò la disobbedienza civile non rispettando quindi le leggi inglesi e marciando e occupando nei luoghi d’interesse dell’India.

Bisogna specificare però che non è condannabile del tutto l’utilizzo della violenza per far rispettare i propri diritti: credo infatti che nel passato, ad esempio durante la Rivoluzione Francese, la violenza e l’utilizzo delle armi fossero gli unici metodi per farsi comprendere e valere da un’élite sorda ai problemi popolari.

Questo fu valido principalmente allo stadio iniziale della Rivoluzione dove i parigini insorsero a gran voce, costituendo anche una Guardia Nazionale, contro i realisti e il Re assaltando la Bastiglia per armarsi e poter combattere contro gli oppressori.

La situazione francese del 1700 era infatti molto diversa da quella indiana del 1900 poiché nel primo caso “i dominatori” erano costituiti da una élite (composta dai nobili e dal Re) che ignorava completamente i desideri popolari e non esitava a utilizzare la violenza per annegare nel sangue gli oppressori politici, o in più generale tutti coloro che non condividevano il pensiero imposto.

Nell’India britannica invece gli inglesi non perpetrarono violenze di massa contro le popolazioni locali durante la fase dell’indipendenza poiché innanzi tutto al vertice del governo inglese non c’era un’élite oligarchica ma un organo politico democraticamente eletto che riconosceva i diritti personali, il Parlamento. Inoltre l’indipendenza indiana fu la prima di una serie di numerose dichiarazioni di libertà dal dominio inglese che si svolsero con un’attitudine generalmente pacifica.

Infine, la violenza può essere considerata lecita, nella lotta per i propri diritti economici, politici e sociali, soltanto quando al vertice del potere statale è presente una figura dittatoriale che opprime le libertà individuali con il sangue e che non apre una finestra di dialogo con coloro che richiedono i diritti.

Scritto da:

Simone Campisi

Rappresentante di Istituto, appassionato di informatica, tecnologia, politica, attualità, storia e palestra.

Odia profondamente tutti quelli che mangiano la pizza con coltello e forchetta.