Qual è la definizione di bullismo?

Il bullismo è un’azione intenzionale aggressiva destinata a colpire una singola persona. È un atto deliberatamente e metodicamente pianificato di danneggiare e ferire un altro. La maggior parte degli esperti di bullismo lo definisce come l’uso della forza o della coercizione per abusare o intimidire gli altri. Affinché il comportamento sia considerato bullismo, deve essere aggressivo e includere:

  • Un atto intenzionale per ferire o danneggiare qualcuno
  • Uno squilibrio di potere
  • Il ripetersi nel tempo

Come agisce il bullo?

Il bullismo può essere perpetrato attraverso vari comportamenti. Le modalità più comuni sono:

  • – Diffondendo voci e spettegolando
  • – Tormentando ripetutamente le vittime
  • – Attraverso molestie verbali, fisiche e sessuali
  • – Minacciando
  • – Attraverso atti di omofobia
  • – Attraverso l’uso improprio delle nuove tecnologie per ferire l’altro
  • – Escludendo intenzionalmente l’altro dal gruppo dei pari

Al giorno d’oggi molti adolescenti che agiscono da prepotenti si dedicano anche al cyberbullismo. Per definizione, il cyberbullismo è un danno intenzionale e ripetuto causato attraverso l’uso di dispositivi elettronici. È un modo più semplice di fare il prepotente perché a differenza del bullismo tradizionale non implica l’interazione faccia a faccia.

Come superare e prevenire il fenomeno:

1) Cercare di avere una larga cerchia di amici per evitare di rimanere da soli, infatti gli amici possono essere un elemento di protezione.

2) Confidarsi con un coetaneo di cui si ha la piena fiducia, ad esempio migliore amico/a, o anche fidanzato/a.

3) Avvisare il prima possibile una persona adulta e autorevole che intervenga, ad esempio genitori, insegnanti o in casi estremi direttamente le forze dell’ordine.

4) In caso di cyberbullismo contattare al più presto la polizia postale.

Il modo migliore per prevenire il fenomeno del bullismo, sta nel capire l’origine del problema. E’ necessario confrontarsi con i bulli e aiutarli a raccontare il perché delle loro azioni violente, in modo tale da trovare una soluzione; bisogna cercare di scoprire ciò che sta a “monte” e che li ha spinti ad agire scorrettamente.

TESTIMONIANZE

                           Il peso delle parole

La protagonista di questa storia è una mia cara amica. In passato riceveva delle critiche sul suo aspetto fisico anche se, a mio parere, era proprio una bella ragazza e probabilmente queste critiche erano soltanto frutto dell’invidia degli altri. Inizialmente non pensavo che desse tanto peso a tutto ciò soprattutto perché agli occhi degli altri appariva come molto sicura di sé. Con il passare del tempo legai sempre di più con la mia amica, tanto da avere un bellissimo rapporto con lei e in breve tempo scoprii che era molto più fragile di quanto pensassi: aveva iniziato a mangiare molto poco e a vomitare quando pensava di aver mangiato troppo. Probabilmente tutto ciò non era causato solo dalle critiche, ma anche dal contesto familiare in cui viveva e dal fatto che il suo ragazzo aveva come modello di “donna ideale” una ragazza molto magra. Vedendola stare male e vedendo che la situazione peggiorava sempre più cercai di aiutarla e di distrarla, ma come si può far cambiare idea ad una persona che è fermamente convinta di quello che pensa? Con il passare del tempo la situazione è peggiorata, si è spinta oltre e purtroppo è stata portata in un ospedale. Quando l’ho saputo mi è crollato il mondo addosso, lei per me è davvero molto importante, condividevamo tutto, mi ascoltava e io ascoltavo lei ogni qualvolta ce ne fosse il bisogno, ci divertivamo insieme, ridevamo, scherzavamo e sapere che stava male faceva star male anche me. Purtroppo non si è ancora ripresa, a volte la chiamo per chiederle come sta, lei risponde sempre “bene”, ma è ovvio che non sia così. Spero con tutto il cuore che si riprenda e che vada avanti con la sua vita, mi dispiace che tutte quelle critiche abbiano avuto questo effetto su di lei, ma ognuno reagisce in modo diverso. Mi auguro che possa cambiare idea e ricominciare, senza cancellare il passato che sicuramente l’ha resa più forte.

Giorgia, 14 anni

                        Siamo tutti un po’ bulli

Quattro anni fa, in terza media, sul pulmino della scuola c’era un ragazzo preso di mira dal gruppo perché era un po’ strano, infatti quando giocava al telefono si immedesimava troppo nei personaggi e nelle battaglie e se perdeva faceva esclamazioni negative. Un po’ tutti giocavamo al telefono e commentavamo le partite, ma lui lo faceva in modo eccessivo. Era un po’ goffo e si appartava per giocare al telefono. Lo stesso cognome era oggetto di divertimento. Anche l’aspetto fisico determinava ciò: i coetanei maschi della sua età erano più alti e caratterialmente più sicuri, mentre la sua voce era più acuta del normale e per questo veniva considerato una “femminuccia”.

Le violenze che subiva non erano mai fisiche, per quello che so io, ma si limitavano ad essere verbali. Non c’era un solo bullo, lo eravamo un po’ tutti ridendo di lui. Devo dire però che quelli che commentavano il suo modo di essere lo facevano per apparire divertenti e sempre quando erano in compagnia: non lo facevano mai quando erano soli, faccia a faccia. Lui a volte si difendeva, ma era goffo anche in questo e anche le sue risposte date per difesa erano a loro volta oggetto di derisione. Ricordo un solo momento di violenza fisica, quando una volta uno che voleva fare lo sbruffone gli sputò la gomma da masticare in testa, subito dopo il bullo sembrò mortificato e si propose di rimediare alla situazione: prese delle forbici e gli tagliò i capelli che si erano appiccicati alla gomma.

Questo fu altro oggetto di derisione: tutti dicevano che si era formato un cratere, per di più al centro della testa. Lui sembrava dispiaciuto e forse un po’ arrabbiato. A me sinceramente dispiaceva e faceva ridere allo stesso tempo, anche ora a distanza di anni. Il giorno dopo tornò con i capelli tagliati, ma il buco era notevolmente evidente: le risate continuarono finché non gli ricrebbero di nuovo i capelli.

Tiffany, 16 anni

               Cambiare se stessi per adattarsi

Quando ero alle elementari c’era un mio compagno di classe un po’ bruttino, con gli occhiali, molto timido, il classico ragazzo che tutti prendono in giro. All’inizio della prima elementare questo ragazzo si fece la pipì sotto e da quel momento tutti lo chiamarono “Tommy pisciasotto”. Lo stesso anno vomitò in classe a causa di un problema di salute e il soprannome mutò in “svomitocchio pisciasotto”. In seconda elementare, tornati dalle vacanze estive, Tommaso era diventato più grassottello e tutti lo prendevano in giro per il suo peso.

Per adattarsi alla classe e piacere agli altri dimagrì parecchio, a tal punto che si vedevano addirittura le costole. Da metà anno della seconda elementare fino all’ultimo giorno di scuola Tommaso non venne più a scuola.

In terza elementare si fece rivedere, era diventato il più bravo della classe, aiutava tutti nelle verifiche e ci faceva copiare i compiti quando non li facevamo. Questa sua bravura e disponibilità lo portò ad essere bullizzato dai suoi compagni, specialmente da quelli che si dichiaravano suoi amici ma in realtà volevo solo “sfruttarlo” per i compiti. Un giorno durante la verifica finale di matematica Tommaso diede a questo gruppo di ragazzi tutte le risposte sbagliate: lui prese 10 e gli altri 5. Da quel giorno le cose peggiorarono parecchio. Mi ricordo che un giorno uscì dal bagno con un taglio nella testa e disse a tutti che era caduto da solo. La settimana dopo cambiò scuola e ci lasciò una lettera dove spiegava il perché di quelle strane assenze. In seconda elementare non venne più a scuola perché pur di piacere agli altri era diventato anoressico e stava combattendo contro quella malattia; la testa poi non se la ruppe per distrazione ma qualcuno lo aveva fatto cadere di proposito.

Tutti sapevano chi fosse il responsabile ma nessuno parlò.

Consuelo, 15 anni